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La pregiatezza del “Peer Gynt” di Henrik Ibsen da un resoconto di Wilhelm Reich

Il “Peer Gynt” appartiene a quel tipo di produzioni poetiche che per il loro simbolismo e l’impenetrabilità del senso e del nésso in alcuni punti, ha dato in passato vita alle interpretazioni e alle spiegazioni più disparate. Tuttavia ciò che suscita in primo luogo l’interesse prendendo a riferimento quest’opera è un ulteriore elemento e cioè l’ampia concordanza rilevabile tra la vicenda narrata e una psicosi paranoide clinica. Il rapporto tra manifestazioni poetiche e manifestazioni psicotiche ha trovato soluzione grazie ai lavori psicoanalitici di S. Freud, O. Rank, H.Sachs, E. Jones, I. Sadger e altri; se la comprensione della psicosi e della nevrosi ha favorito la comprensione della fantasia poetica è bene sperare anche che la poesia fornisca qualche utile elemento di comprensione del quadro clinico delle psicosi. La scienza che ha di mira unicamente la conoscenza, non può ovviamente dare ascolto a quelle voci che comunicano in nome della salvaguardia dell’arte. Il fatto che le produzioni poetiche affondino le radici in un terreno umano che è comune non deve proprio per questo costituire un criterio di invalidazione dell’opera poetica. Se la natura psicologica del Peer Gynt rappresenta il primo movente di questa ricerca, essa stessa permette d’altro canto di acquisire un risultato successivo e cioè una certa visione della continuità interna dell’opera stessa. Il brusco e inatteso mutamento di scena nel quarto atto, sulle coste del Marocco, l’esperienza con le 3 montanare, l’avventura nel regno del vecchio di Dovre, la singolarità del ritorno di Peer Gynt sono contesti che possono indirizzare gli interpreti di questa lettura in due grandi gruppi: da un lato coloro che scorgono una raffigurazione della natura, in questo caso norvegese, dall’altro coloro che attribuiscono a Ibsen l’intenzione di portare sulla scena un certo tipo umano, se non addirittura l’uomo in generale. Tra questi ultimi ricordo D. Eckart che adattò il Peer Gynt per le scene tedesche, e O. Weininger che per il tramite di un’inconscia identificazione prestò al dramma un’attuazione del tutto particolare, espressa in un saggio dal titolo ‘Henryk Ibsen e il suo dramma Peer Gynt’. Tra i primi invece si annoverano parecchi autori tra cui G.Brandes, P. Schlenter, W. Jaeger che hanno dedicato le loro descrizioni in singole monografie. Comunque tutti sono d’accordo incluso Wilhelm Reich nel definire Peer Gynt un sognatore cui “non sempre è chiaro se il sogno sia piuttosto vita, o la vita non sia sogno, che dall’iniziale cammino verso la ricerca della propria personalità devìa verso il cammino del perdigiorno, per trasormarsi in un avventuriero egoista e senza scupoli che cerca i valori del mondo esterno e che per il raggiungimento del suo falso ideale non indietreggia neppure dinnanzi all’attività criminosa del commercio d’anime e del contrabbando di dèi.

(*Articolo scientifico)

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